Quando un anno fa il Prof. Feliciano Benvenuti, Primo Procuratore di S. Marco, mi propose di pensare a qualcosa (come lui disse) per la Basilica, rimasi perplesso. Mi resi conto che lì, in quella meravigliosa gemma dorata, si erano sedimentate le testimonianze di molti secoli, ma nessuna rappresentava questo travagliato secolo che si avvia a conclusione. Nessuna: un segno di impotenza espressiva? Compresi anche, visitando per giorni e giorni S. Marco, che vieppiù si avvicinavano a noi cronologicamente nello scorrere del tempo, le opere d’arte perdevano di fascino: apparivano meno fulgide, meno impregnate di quello spirito mistico che circonda l’intera Basilica. Che fare?

Arrendersi? L’impegno mi esaltava ma anche, per qualche verso, mi deprimeva. Mi pareva impossibile allinearsi a quei segni di fede, di religiosità assoluta, di alta spiritualità, che si affollano all’interno e all’esterno della Basilica e non solo sulle pareti musive. Occorreva entrare nella stessa forza d’arte e di fede, ma nel contempo occorreva non rinunciare ad essere contemporanei, cioè, mostrare il volto del nostro tempo.

Così, lentamente, ma con una spinta interna che si precisava ogni giorno, un’idea prendeva forza. Era quella di una croce vitrea sospesa nell’aria. Doveva essere una croce: un segno come tanti che si scorgono a San Marco. Mi accorsi che molte croci erano infisse o appoggiate sulle pareti: croci paleocristiane e bizantine, romaniche e gotiche, in genere di pietra lavorata, spesso traforata. Quelle croci erano un simbolo. Anche la mia doveva diventare un simbolo. Il progetto si concretò nel giro di alcuni mesi. Nacque la croce che ora umilmente, con trepidazione, mi appresto a depositare nella Basilica d’oro. Composta da un centinaio di blocchi squadrati di vetro d’un colore verde acqua chiaro, essa appare (almeno cosi a me sembra) come qualcosa di sospeso, appunto di immateriale, di spirituale. Non si distingue infatti dall’estemo “l’anima” trasparente che lega all’intemo i blocchi formanti la croce. Vorrei azzardare: la croce si fa, agli occhi dei fedeli, uno “scoppio di fede” che si espande dai frammenti vitrei.

C’era da stabilire anche dove collocare la croce. Essa non è molto grande ma non volevo che nella Basilica apparisse come un atto di presunzione di un artista moderno di fronte alle grandi testimonianze del passato. Ho proposto, allora, di collocare la croce nella cripta della Basilica, dietro l’altare. La mia idea è stata approvata (e ne sono felice) dal Patriarca. La croce in tal modo, sorretta da una stele bronzea, sembrerà nascere proprio nel luogo in cui era collocata un tempo la tomba di San Marco: luogo che corrisponde, in linea verticale, all’altar maggiore della Basilica. La croce, quindi, verrà a trovarsi giusto sotto all’attuale sarcofago.

Sono lieto e commosso per l’onore che mi è stato accordato. Mi rendo conto che, inserita nella suprema bellezza di quello scrigno dorato che è la Basilica, la mia croce potrà apparire modesta cosa. Ma sono del pari convinto che nella trasparenza del vetro e nell’essenzialità della forma potrà prendere corpo anche una spiritualità legata al nostro tempo: appunto sospesa nell’aria, smaterializzata, quasi tolta dalle angosce e dalla nevrosi del mondo. Spero che questa testimonianza venga accolta, più che come un atto d’arte, come un atto di fede.

Luciano Vistosi
Venezia 7 dicembre 1994

La croce di vetro nella Basilica di San Marco