Incontro

Quando penso a Luciano Vistosi rivedo immediatamente un’italianità fatta di entusiasmo, fantasia, gioia di lavorare e creare, di vivere con passione nonostante i tempi a volte difficili. Un’italianità del “tutto è possibile”. Rivedo la generazione di artisti, designer e cineasti attivi in Italia nell’ultimo secolo e da cui nacquero movimenti importanti, capaci di influenzare il presente, per esempio il Futurismo, l’Arte Povera, il Neorealismo e Memphis.

Luciano Vistosi mi riporta anche a un mondo indimenticabile, a una bellezza arcana, velata di una certa malinconia, come può esistere e nutrirsi soprattutto a Venezia. Sono convinta che l’estetica, le proporzioni dell’architettura, la luce, i colori della laguna e della sua città natale lo abbiano molto influenzato come artista, ma anche come essere umano. Vistosi era un profondo esteta e un amante dello stile e questo rendeva gradevole e piacevole frequentare il suo ambiente. Il suo bellissimo studio era un mondo affascinante, dove egli diveniva un tutt’uno con le sue opere.

Ognuna di queste cose pare aver trovato uno sbocco nel suo lavoro artistico.

In quel che faceva, Vistosi era soprattutto alla ricerca della forma perfetta in cui le linee si richiudono su sé stesse in un infinito continuo. Poteva trascorrere ore sul suo seggiolino rosso di legno a riflettere davanti a una scultura, per decidere quale dovesse essere il passo successivo, e poi il successivo ancora. Sembrava che per lui ogni opera fosse un mondo chiuso in sé, con una propria storia.

La materia per lui era secondaria. «Se fossi nato in Toscana», diceva, «avrei certamente lavorato con il marmo.» lo, però, accompagnandolo professionalmente per i suoi ultimi quindici anni, ho avuto la sensazione che la questione della materia fosse comunque importante. Amava operare con la luce e la trasparenza, creando un misticismo che sarebbe stato irraggiungibile senza le caratteristiche del vetro.

Il rischio di essere ingannevolmente ridotto alla materia aveva fatto nascere in lui un sentimento di amore-odio nei confronti del vetro. Cresciuto in una famiglia d’imprenditori veneziani proprietari di una vetreria, Vistosi si trovò esposto sin da giovane alla materia, e gli apparve ovvio creare con ciò che aveva a disposizione. Studiando le opere da lui realizzate nel corso di sessant’anni di vita professionale, si coglie il suo spirito pioneristico, la profonda conoscenza della scienza del vetro che lo portò ad abbandonare ogni vincolo, a dedicarsi continuamente a nuove vie.

Parlando del suo lavoro, Luciano Vistosi diceva spesso, non senza idealismo: «fino alla fine della vita, non ho mai smesso di imparare.»

Daniela Schonbachler