“Gli scultori del mondo – ha scritto Pietro Consagra – dovrebbero sbarcare a Murano ed impossessarsi di una vetreria”. In realtà il suo approccio al vetro, come egli stesso ha raccontato, si era rivelato un disastro perché questa speciale materia bisogna conoscerla profondamente per carpirne i segreti, le possibilità formali nascoste, le incredibili luminosità.
E tuttavia, è stato scritto, nei suoi mille anni di storia il vetro di Murano non ha mai avuto a che fare con la scultura “anche se in qualche momento ne ha rasentato l’indipendenza, la libertà espressiva, la compiutezza formale.”
Assume dunque un particolare significato l’invito che la Biennale d’Arte di San Paolo del Brasile – quest’anno interamente dedicata alla scultura – ha rivolto a Luciano Vistosi che vi rappresenterà l’Italia assieme a Mario Ceroli ed Arnaldo Pomodoro. Naturalmente non esiste un ”caso” Vistosi nella scultura contemporanea perché essa appare oggi indifferente al problema della materia impiegata e d’altra parte l’artista veneziano ha esposto ormai in molti paesi del mondo, avendo perfino una sorta di consacrazione nelle straordinarie sale delle Gallerie dell’Accademia, nel 1982, a confronto con i teleri di Giorgione e Bellini, Tiziano e Veronese.
E tuttavia la specificità del materiale che Vistosi impiega nella costruzione delle sue forme nello spazio fa sì che anche le considerazioni formali sul suo lavoro assumano un taglio del tutto particolare.
Non può essere ignorato, infatti, che l’evento plastico, nell’opera di Vistosi, si manifesta in uno spazio temporale estremamente ristretto, affidato ad una serie di gesti perfettamente preveduti e precisi che riescono a fissare la forma voluta nei pochi istanti nel corso dei quali la materia è incandescente e malleabile. La sapienza tecnica e fattuale di Vistosi assume, dunque, un ruolo rilevante, facendo affiorare una conoscenza maturata nel corso di molti anni nella fornace di famiglia e che egli impiega tuttavia in una direzione assolutamente nuova per l’esperienza muranese.
…La luce gioca non di meno un ruolo importante nella sua scultura e ciò è evidente anche nelle cosiddette “sculture architetture”, in quelle forme totemiche che negli anni ’86 e ’87 hanno fatto sognare all’artista veneziano una sorta di “città di cristallo”.
La “scultura architettura” appare per la verità la più significativa proposizione immaginativa di Vistosi (si pensi al suo progetto del Ponte dell’Accademia in vetro) che in questo senso si colloca all’interno delle più interessanti esperienze della ricerca contemporanea che riconosce solo all’evento plastico la “potenza” di occupare lo spazio in un grande agglomerato urbano, in una città moderna.
Ecco perché Carandente ha già scritto che nell’opera di Vistosi si “istituisce un rapporto tra fantasia e rigore, tra matematica e poesia”.
Risulta evidente allora la complessità di una proposta immaginativa estremamente complessa che Luciano Vistosi riesce a far apparire nei termini di una “semplicità” formale disarmante e forse sta proprio in questa sua “purezza” semplificativa il valore di un evento plastico che sembra possedere una sorta di tensione morale interiore, trasparente ed incorruttibile come un vetro.
Enzo De Martino